Orientata a una particolare concretezza è la definizione di innovazione che ne dà la ISO 56000:2020 (Innovation management — Fundamentals and vocabulary): trattasi di entità (intesa come “qualsiasi cosa percepibile o concepibile”) nuova o modificata, che realizza o ridistribuisce valore (inteso come “guadagno dalla soddisfazione di bisogni e aspettative, in relazione alle risorse impiegate”).
Non un’attività fine a sé stessa, né una funzione accademica, né, tantomeno un esercizio teorico, ma qualcosa orientato a portare un risultato che aggiunge valore. Semplice ed efficace.
Ma nel caso il concetto non sia ancora chiaro, ci pensano tre note esplicative a sciogliere gli ultimi dubbi (la quarta, relativa alla misurazione statistica, rimanda al Manuale di Oslo dell’OCSE, tanto caro, insieme al Manuale di Frascati, all’amministrazione finanziaria italiana):
1. novità e valore sono relativi e determinati dalla percezione dell’organizzazione (ossia dell’azienda) e delle pertinenti parti interessate (che ogni azienda, non solo certificata, dovrebbe monitorare).
2. un’innovazione può essere un prodotto, un servizio, un processo, un modello, un metodo, ecc.
3. L’innovazione è un risultato. La parola “innovazione” a volte si riferisce ad attività o processi che determinano o mirano all’innovazione. Quando “innovazione” è usato in questo senso, dovrebbe sempre essere usato con qualche forma di qualificatore, ad es. “attività di innovazione”.
Più chiaro di così!