APOLOGIA DEL CODICE: PARLARE LA STESSA LINGUA IN AZIENDA

Non mi riferisco al codice inteso come la scrittura di un programma o di un software o di un’app, ma al codice inteso come identificativo univoco di un “oggetto” aziendale: in primis un materiale, inteso come una materia prima, un semilavorato o un prodotto finito, ma non solo: un fornitore, un cliente, un conto di contabilità generale, un centro di costo di contabilità analitica, eccetera.

La cosa sembra banale e ovvia, ma la realtà, purtroppo, è molto diversa, soprattutto nelle piccole e medie imprese, dove il concetto di semplificazione non è molto diffuso e dove sovente si assiste alla complessità endogena, ossia creata direttamente dall’azienda, perché manca la visione della stessa come un tutt’uno, come un organismo vivente e non come un aggregato disordinato di parrocchie.

Uno dei casi più comuni è il seguente: l’ufficio tecnico fa il disegno di un prodotto ed elenca in una tabellina i componenti o le parti di tale prodotto, denominandole secondo la sua prassi; l’industrializzazione o, in mancanza di questa, la pianificazione della produzione, o gli acquisti, o il gestore del sistema codificano tali parti e le inseriscono nel gestionale, dandogli un codice e una descrizione, ossia un nome e un cognome.

Successivamente, se il codice deve essere, ad esempio, lavorato ad una macchina utensile, l’operatore crea il programma denominandolo secondo regole proprie, regole che, sovente, non vengono rispettate neanche da lui stesso!

Dunque, tre attori della stessa azienda, che spesso lavorano gomito a gomito, individuano uno stesso componente o parte secondo tre modalità distinte, generando un’entropia del sistema che rallenta notevolmente i processi aziendali ed introduce una componente di inefficienza difficilmente removibile.

Prima di lamentarci della complessità del mondo esterno e della imprevedibilità degli eventi, dobbiamo fare un’auto-analisi e capire che, spesso, questa complessità è autogenerata. La soluzione? Sempre la stessa: ragionare per processi anziché per parrocchie; vedersi parte di un flusso anziché una roccaforte inespugnabile; partecipare come corista anziché come solista.

Certo, la cosa non è semplice perché vuol dire cambiare il mindset dell’azienda e, dunque, dell’imprenditore e dei dipendenti. Ma se non iniziamo mai, il caos non potrà altro che aumentare.

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