Se il calcolo del costo del prodotto è una prassi assai rara nel panorama delle PMI italiane, il calcolo del costo standard lo è ancora di più.
È bene rimarcare i due notevoli vantaggi che offre nel cruscotto aziendale di chi guida l’azienda:
Il primo è fornire un costo obiettivo per la parte industriale e, dunque, definire dei target anche per la produzione, cosa che accade raramente. Infatti, mentre il commerciale è sotto la tagliola del fatturato, o dei pezzi venduti, stabilire degli obiettivi per la fabbrica è più sofisticato, e l’imprenditore semplicemente vi rinuncia.
Il secondo vantaggio è il disaccoppiamento, nel calcolo del margine industriale o primo margine, dell’effetto commerciale (variazione dei prezzi di vendita rispetto al budget) da quello industriale (variazione del costo del prodotto rispetto al costo obiettivo). Essendo il costo del venduto calcolato con il costo standard dei prodotti, che è fisso per definizione per la durata dell’esercizio, ogni variazione è da imputare, nel bene e nel male, alla parte commerciale.
Ovviamente, come tutte le cose della vita e di business (che, ricordiamolo, fa parte della vita, anche se non dovrebbe sostituirsi ad essa) ci sono anche degli svantaggi. Il principale è la necessità ti definire il calcolo delle varianze di costo, ossia la già citata variazione del costo del prodotto rispetto all’obiettivo.
La cosa non è difficile dal punto di vista teorico, ma complessa da implementare dal punto di vista pratico. E la tentazione di abbandonare il tutto è forte, come vedo nella stragrande maggioranza dei casi.