Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha utilizzato il modello o lo schema mentale per poter rappresentare in maniera sintetica e comprensibile la complessità del mondo: ben nota è la concezione geocentrica dell’universo, in auge per millenni, fino alla rivoluzione copernicana, sul finire del medioevo.
Riguardo il mondo aziendale, le diverse scuole di pensiero si orientano tra schemi ormai noti e stranoti: il modello gerarchico, il modello funzionale, il modello matriciale, eccetera.
La mia visione aziendale, complice i miei studi universitari e il mio bias cognitivo, è rappresentata da un modello meccanico: l’orologio. Perché l’orologio, per funzionare bene, deve essere un meccanismo perfetto, dove tutti quanti i componenti agiscono all’unisono al fine di raggiungere il risultato finale: il movimento delle lancette sul quadrante. È sufficiente che uno dei componenti si rompa, oppure un corpo estraneo entri a “disturbare” l’armonia del tutto, affinché il dispositivo lavori male o si blocchi del tutto.
La cura dei processi aziendali, con la conseguente mappatura delle relative procedure, va in questa direzione: organizzare affinché tutti i dipendenti dell’azienda lavorino all’unisono, al fine di raggiungere l’obiettivo comune. Perché il ritardo di uno implica, in definitiva, il ritardo del tutto.